In vista del match di lunedì sera, che il Milan giocherà contro il Torino, è stato intervistato da Tuttosport un giocatore rossonero che quell’ambiente lo conosce bene: Samuele Ricci, arrivato in estate al Milan proprio dal Toro, squadra di cui era anche capitano. In attesa della gara, Ricci ha risposto a diverse domande sia sul suo passato granata sia, soprattutto, su questa nuova esperienza in rossonero. Noi abbiamo selezionato alcune delle dichiarazioni più interessanti: ecco un estratto.
Le parole di Ricci
Sul ritorno al Grande Torino:
“Sicuramente mi farà un effetto particolare rimettere piede al Grande Torino. Lì sono cresciuto tantissimo, ho conosciuto bellissime persone e ho lasciato anche tanti amici. Sono arrivato con Juric e, per il modo in cui giocavo ad Empoli, è stato un po’ un salto nel vuoto. Volevo mettermi in gioco in una grandissima piazza con più concorrenza in squadra anche se sapevo che avrei trovato un modo di giocare totalmente diverso.”
Sulla scorsa stagione al Toro:
“Sicuramente Zapata faceva la differenza. È difficile dire se poi siamo calati perché non c’era lui oppure perché ci siamo un po’ accontentati, però è innegabile il fatto che sia cambiato anche il modo di giocare della squadra. Quando c’era Zapata, bastava buttare la palla anche a caso davanti e lui la teneva e faceva salire tutta la squadra, senza di lui sono cambiate le prospettive. Torino è una grandissima piazza ma c’è questo clima di malcontento generale che si porta avanti da tanti anni, già da prima che arrivassi lì”.
Sul Milan e il cambio di prospettiva:
“Contro il Milan si vinceva sempre (ride ndr.), ma ora che sono dall’altra parte della barricata, dico che è un motivo in più per provare ad invertire questo trend”.
Sulle difficoltà contro le piccole:
“Credo facciano parte del nostro percorso di crescita. Sono cambiati tanti giocatori ed è cambiata pure l’identità della squadra dopo l’arrivo di Allegri: riuscire a diventare implacabili pure nelle partite normali credo sia il passo che ci manca per diventare davvero una grande: è una questione di mentalità ed è lo scoglio da superare”.
Su cosa significhi giocare a San Siro:
“San Siro non è uno stadio come gli altri, ma anche in positivo: quando vai in campo, se c’è entusiasmo, senti una forza grandissima che ti spinge”.
Su cosa significhi avere Allegri come allenatore:
“Tanto perché tutti noi sappiamo cosa ha vinto in carriera. In più, fuori dal campo, Allegri ti dà tanta serenità e penso che nella gestione del gruppo sia il numero uno. In più alle sue spalle ha uno staff molto competente”.
Sul ruolo, regista o mezzala:
“In allenamento ha iniziato a provarmi da mezz’ala, però spesso giochiamo in due in mezzo. Comunque poco cambia perché ci chiede di saper fare tutto e adattarci alle varie soluzioni. A me piace molto stare in regia, ma pure Gattuso in Nazionale mi ha provato da mezzala”.
Su Modric:
“Spaziale. È un fenomeno perché fa cose che altri non fanno e vede cose che gli altri non vedono. Tante cose le puoi “rubare” ma fino a certo punto perché poi c’è il talento smisurato che lo rende unico, sennò sarebbe troppo facile. In tal senso è impressionante la sua intelligenza calcistica: lui sa sempre dove casca pallone. Avere in campo lui e Rabiot ti dà sicurezza. In più, a Milanello, sono due ragazzi splendidi”.
Sullo scudetto:
“No no, adesso il focus deve essere trovare continuità, quindi tornare in Champions, dove merita il Milan e poi vediamo.
Sull’idolo d’infanzia:
“Ronaldinho… anche se non c’entra molto con il mio ruolo. Da bambino giocavo esterno alto, poi Zauli in primavera mi ha messo lì”.
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