Zlatan Ibrahimovic, ex giocatore del Milan e attuale Senior Advisor di RedBird, ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport nella quale ha toccato molti temi legati al mondo rossonero: il suo ruolo nel club, l’arrivo di figure chiave come Tare e Allegri, il rapporto con Leao e gli obiettivi del Milan per il futuro. Ecco i passaggi più interessanti.
Sul suo ritorno al Milan:
“Sono qui per aiutare. La prima volta il Milan mi ha dato la felicità, la seconda l’amore. Adesso sono qui per restituire. E per tornare a vincere. Tutto è iniziato dopo 25 anni di carriera nel calcio al massimo della velocità. Poi ho preso 3-4 mesi di libertà per fare quello che volevo. Dopo tre mesi, Giorgio Furlani mi ha detto: ‘Voglio che incontri Gerry Cardinale‘. L’ho fatto: due volte a Milano, la terza a Los Angeles. Ma io non volevo ricominciare ad avere programmi. Poi mi sono incuriosito. Gli ho chiesto tre cose per accettare: 1- devo essere me stesso, nessuna gabbia; 2- se entro, deve essere a lungo termine; 3- torno per vincere. Lui ha detto: ‘Per questo siamo qua’.”
Sul suo ruolo attuale:
“Il mio ruolo non è cambiato, è sempre lo stesso, io rappresento la proprietà. L’anno scorso facevo più di quello che dovevo, ma non mi piaceva perché se non posso essere me stesso non sto bene. Non voglio essere ingabbiato e infatti non ho voluto avere un ufficio. Vado io da quelli con cui ho bisogno di parlare.”
Sull’arrivo di Igli Tare:
“La società ha aggiunto quello che mancava, adesso c’è una figura che sta sempre a contatto con giocatori e allenatore, è Igli Tare e lo fa bene. Io vengo qui a Casa Milan, a volte vado a Milanello: parlo tutti i giorni con Furlani e con Gerry che è molto coinvolto. Studiamo cosa serve per migliorare il Milan, per farlo tornare dominante. Alla fine decide Gerry, però si fida molto di chi è in società.”
Su Max Allegri:
“C’è un allenatore, se posso aiutare senza disturbare lo faccio. Ma non vai sopra l’allenatore, lo metti solo in difficoltà. Io posso essere più amico di lui dei giocatori. Prima avevo solo la modalità strong, ora ho imparato che per entrare nella testa dei giocatori a volte devi essere più soft. Il suo primo trofeo gliel’ho fatto vincere io. In quel Milan erano tutti campioni, la cosa difficile era mandarli in panchina. Adesso è diverso, ci sono meno ego da fuoriclasse. E Allegri ha fatto il suo percorso, sa come si fa.”
Su Leao e sul post partita a Torino:
“A Torino ero nello spogliatoio. Erano tutti arrabbiati, pure Allegri, perché si poteva vincere. E anche Leao. Durante la preparazione era il migliore, poi è stato fuori due mesi, ora deve tornare in forma. Chiaro che ci aspettiamo la magia, perché Leao è magia! È uno dei giocatori più forti al mondo. L’ho visto ragazzino, adesso ha due figli: è un percorso. E comunque quando abbiamo vinto lo scudetto posso dire che lo ha vinto da solo”
Sullo Scudetto 2021/22:
“Non prendo crediti, voglio darli agli altri. Quell’anno a inizio stagione ho chiesto: quanti hanno vinto qualcosa? Hanno alzato la mano in uno, forse due. Era un gruppo che aveva bisogno di un leader. Quando perdevamo dicevo ‘mandate solo me a parlare’, così la squadra restava tranquilla: per me era come fare colazione. Quando abbiamo vinto lo scudetto li ho visti piangere, è stata la soddisfazione più bella.”
Sulla rosa 2025/26 e gli obiettivi:
“Che la squadra è molto competitiva. Lo era già l’anno scorso, ma è stato un anno strano. La società è stata brava a vendere bene e a prendere un allenatore che dà equilibrio e stabilità. Adesso si può solo crescere. Il DNA del Milan è vincere, soprattutto in Europa, e là dobbiamo tornare. Nessuno vuole cambiare il Milan, perché il Milan cambia te. A Milanello senti profumo di vittoria. Scudetto? Se ci credo? Sì, dobbiamo crederci tutti. Ma è un processo, è un lavoro di team. Non guardo le avversarie: devo diventare forte io e gli altri devono guardare me.”
Su Modric, Rabiot e le possibili sorprese:
“Siamo diversi, lui è leader in campo, fuori si prende poco spazio, ma ha portato l’esperienza che mancava. Anche solo standogli vicino ti dà qualcosa. Molti restano al top due anni poi spariscono. Altri, come lui, stanno in alto per vent’anni: quelli sono i veri campioni. Rabiot doveva venire un anno fa, ci avevamo provato ma voleva giocare in Francia. Pavlovic può crescere ancora. Gimenez appena si sblocca farà un sacco di gol. Jashari è un top. E anche Ricci crescerà: la squadra è un giusto mix di presente e futuro.”
La chiusura in stile Zlatan Ibrahimovic:
“Un attimo: Ibra è ancora Dio. Se ero in campo avevo tutte le risposte, in tribuna soffro per non poter aiutare la squadra. Non ho obiettivi personali, tutto quello che faccio è per il Milan.”
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